A volte avere qualche anno in più può servire
a qualcosa. Io, per esempio, ricordo bene che settant’anni fa ci fu una partita
di calcio Rionero-Melfi. Vinse il Melfi e, com’è naturale, la
tifoseria melfitana percorse il tragitto campo sportivo-stazione ferroviaria, non distante tra loro, osannando come un
giorno delle palme, ma senza agitare simboli di pace bensì esibendo pugni
chiusi (che niente avevano a che fare con un simbolo comunista di allora),
parole minacciose, fischi, insulti non alla squadra perdente del Rionero ma ai
Rioneresi, loro sempiterni antagonisti. Insulti pesanti indirizzati ai “morti
di fame” che non davano da mangiare neppure ai loro giocatori! Insulti
inaccettabili per i sensibili figli di Crocco! E infatti quei figli si recarono
alla stazione ferroviaria quando già i tifosi melfitani avevano riempito la
littorina (automotrice risalente all'epoca fascista) per Melfi. Festanti. I
tifosi rioneresi, col sangue agli occhi per la sconfitta subita e per gli
insulti ricevuti, assaltarono quella littorina
e …. la INCENDIARONO. Finestrini rotti a pedate, sportelli divelti consentirono ai melfitani di scappare da quel
rogo. Non ci fu nessun morto. Feriti, si. Non molti e non gravi. Fu chiamato di
corsa il dottor Basalisco, medico condotto, con la casa li vicino, e le
escoriazioni furono curate in sala d’ attesa con la contrarietà degli “irriducibili”
locali, lì ad urlare: “(melfitano) “ardi vivo! ardi vivo!” Arrivarono i carabinieri. Arrivò una nuova
littorina per Melfi col suo carico di tifosi, alcuni ammaccati, altri
arrabbiati, altri impauriti. Il prefetto di Potenza, creatura del ministro
dell’interno Mario Scelba, mandò le sue brave camionette di celerini a
presidiare entrambi le stazioni ferroviarie, di Rionero e di Melfi. Per una
settimana, però. Non ricordo se furono adottati provvedimenti disciplinari nei confronti delle due squadre. Ci fu
qualche condanna per alcuni assalitori. L’entità della pena “per tentato
omicidio” non l’ho conosciuta, ma so che i facinorosi stettero nel carcere di
Melfi (ironia della sorte).
Fu soltanto tifoseria?
Assolutamente no. Fu semmai l’occasione per far esplodere il reciproco
disprezzo alimentato da secoli.***
Rionero era nata da una colonia di migranti albanesi nel Settecento poveri in
canna, fuggiti da una Atella malarica, e con un territorio comunale risicato
alle ultime case del paese. Non bastò un Giustino Fortunato a salvare la sua
faccia. Ancora si vantava di un paesano che aveva dato filo da torcere ai
piemontesi, Carmine Crocco. Ma ciò non bastava a mascherare l’ invidia per una
città con un castello antico, una storia antica, un’economia di gran lungo
migliore. Comunque era ricorrente
l’insulto che però suscitava
ilarità nel pronunciarlo: “melfitani a due porte” (in dialetto era molto
efficace) per indicare l’esistenza in
ogni casa di due porte, una per far entrare il marito e l’altra per far uscire
l’amante. Era un insulto pesante come un macigno, ma non ha mai creato vittime.
Cose di paese di un tempo! Certo, non si
può non condividere l’indignazione espressa sulla rete in questi giorni: ”imbarbarimento
dei rapporti umani”, “perdita di ogni valore” , “sospendere le partite almeno
per un anno” “squalificare i campi”, eccetera. L’azione barbarica va comunque
condannata senza esitazioni, senza mediazioni linguistiche o antropologiche o storiche.
Anche se questo atto sciagurato è figlio
della cultura di oggi, ben lontana dai connotati di quella di settant’anni fa,
esso va condannato per quel che è: sciagurato, barbarico, crudele. Perciò c’è
da rimanere sbigottiti, e non per un giorno. Dal non cercare giustificazioni
con ricorsi al substrato culturale del
passato. I tempi sono cambiati,. La cultura è cambiata. E preoccupa che dalla
cultura del campanilismo di ieri si e passati alla cultura dell’odio di oggi.
La cultura dell’odio! E’ soltanto nei tifosi?...
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