
Vorrei
presentare domanda alla LFC (Lucania
Film Commission) per avere un contributo. L’idea di un documentario preme nella
mia testa. Mi dicono che occorre
partecipare al bando. Ok, e siccome sono per il rispetto delle regole, aspetto;
intanto mi predispongo spiritualmente a far
valutare il soggetto dall’ apposita
commissione composta da persone in parte competenti. Per essere in tempo vorrei
iniziare a scrivere il soggetto. Quale? Me ne frullano diversi.
Per
mia fortuna fanno tutti riferimento al
territorio per promuoverlo, illustrarlo, esaltarlo secondo il principio base
della politica “pervasiva” della LFC. E’ giusto che anche il cinema, così come
le 82 sagre (tante ne ho contate quest’anno), i voli angelici, i grandi
attrattori dal profilo greco o dalla cupezza brigantesca, agisca in sinergia a
maggior gloria della regione. Cercherei
di non fare un documentario road movie
“confusionario e piacevole allo stesso tempo” e un po’ noioso (Positif) come Basilicata coast to coast. Anche
se lo pensassi non mi darebbero quella barca di soldi varata per lui.
Scaccio
in malo modo i soggetti su emigrazione e brigantaggio. Basta, non se ne può più.
Come non se ne può più vedere in giro
giovani filmmakers lucani insistere a
raccontare la Basilicata secondo gli schemi (spesso fasulli) di De Martino. E poi
ci sono quegli altri che girano piccoli “documentari di viaggio” (non si pensi a
qualcosa di simile alla letteratura di viaggio, sarebbe nobilitante): mostrano castelli restaurati, magari abitato da qualche
spiritello di un amante infelice o di
signore un feudatario. E’ invenzione artistica. Ma si, serve ad “attrarre” in
Basilicata. Be’, e se un turista ‘attratto’
viene e trova i castelli vuoti può sempre consolarsi con una sfilata
medievale d’importazione.
E’
bello incontrare durante le proiezioni, sempre a cura della LFC, i giovani
filmmaker: risiedono fuori regione e
come tutti gli “emigrati” si sentono in dovere di guardare usi e costumi della
terra da loro abbandonata con una certa supponenza intellettuale, pardon,
artistica. Di solito conoscono i “fatti” della Basilicata e non la sua “storia”,
perché ritenuta povera quando invece
essa è ricca di personalità, manufatti,
fatti e misfatti storici da filmare. A proposito di misfatti, ecco un’idea che
potrebbe funzionare: l’ammazzamento della poetessa Isabella Morra. E’ stata sgozzata
dai fratelli perché se la intendeva con un uomo non gradito a loro.
Femminicidio puro! Rifletto prima di scrivere: lei si leccava le piaghe della
sua solitudine componendo versi (e questo non è di resa cinematografica): i
fratelli manigoldi non si sono flagellati,
non hanno avuto Erinni di notte a succhiar loro le anime, ma hanno continuano a
spassarsela pur se con qualche problema di giustizia (uno di loro è
diventato perfino amante della regina di
Francia. Illuminazione! Potrebbe venir fuori un documentario sulla buona
mascolinità lucana d’esportazione). Mi frena una considerazione di fondo: il
fattaccio è avvenuto in una zona della regione che non rientra nei piani di promozione dell’A.P.T.- Lascio perdere, me lo
boccerebbero.
Avevo
pensato ad un “The butcher of Venusia”
(Il macellaio di Venosa, per il volgo,
ma in inglese fa chik). Di Gesualdo conosco storia e musica. Lui “doveva” uccidere la moglie
infedele perché tutta Napoli murmuriava assai assai sulle sue corna (e lui era
pur sempre un Pari di Spagna e quindi degno di onore, da ricevere e da
confermare). Dopo il fattaccio, serenamente si risposa con un’altra nobildonna,
che, annoiandosi con lui, il tipo era
pure noiosetto, se ne torna alla Corte Estense del padre. Il vicerè non lo
manda in galera (i potenti, ieri come oggi, non finiscono in gattabuia), gli
consiglia di vivere nel suo feudo di Gesualdo (oggi in quel di Avellino) e qui
continua a comporre le sue belle musiche tecnicamente sempre più ardite e ricche
di forme espressive. Ma soprattutto compone NON per sublimare la sua colpa, mai
sentita, ma per il piacere della creazione artistica. Le sue musiche sacre sono
delle meditazioni sul proprio dolore per la morte dei figli e per la condizione
umana (egli è pur sempre figlio della Controriforma). Così ideato “non” uscirebbe
un documentario accattivante. Ok, faccio
un maquillage: Gesualdo ammazza la moglie (sangue), si flagella per la
colpa (sangue) e la sublima componendo musica da far cantare a donne belle (che
importa che la Chiesa proibiva loro di cantare in pubblico!). Lo ammetto, non è filologico, ma una buona materia di
spettacolo pur se “fuorviante” su Gesualdo.
E che fa? Potrebbe funzionare con la LFC.,
che sicuramente lo finanzierebbe e distribuirebbe per l’ orbe. E’
promozione un po’ sanguinolente, fuorviante
quanto si vuole, ma pur sempre promozione perché rinvia al territorio
(accennato soltanto nel titolo di testa).
Dio
mio! ho l’impressione che mi stia sfuggendo il senno a ipotizzare un
documentario del genere. Qui al giornale
in redazione mi dicono che a questo già ci ha pensato un “visual artist” (non
un regista) e ha dato per titolo “The
prince of Venusia”. Mi premuro di vederlo e mi accorgo che non lo sostiene
una sceneggiatura solida, non ha valori
cromatici precisi, ma splash+splash (e a dire che la pittura del Cinquecento è
grandiosa), che sono spudorate e spurie le ‘voci della colpa’ in nero (figurativamente
accostabili al Machbeth di Wells), che ricompaiono alla fine in variopinte vesti
di cantatrici gesualdiane. Finita la proiezione dovrei dire che è un capolavoro,
secondo il pensiero unico potentino? Per dirlo dovrei essere un conformista e
soprattutto non dovrei conoscere
Gesualdo e un pochino il mestiere del cinema. Per amore della mia
Basilicata potrei mai realizzare un documentario tanto forviante? Che
certamente non esalta l’immagine della regione?
Ho
visionato altri prodotti visivi sul
compositore fatti da persone di professionalità certa, senza finanziamenti
regionali. Allora? Fuori di metafora credo che la LFC debba passare dalla fase
“pervasiva”, necessaria e utile a far conoscere tout court l’esistenza di questa nostra struttura (e bene ha agito
in tal senso il suo direttore), ad una
fase “formativa”, seria (non secondo i
ben noti standard regionali) di quei giovani che aspirano a fare “sul serio” cinema.
Attenzione, due volte attenzione: istruire per professionalità distinte e non per filmmaker. Su questi ultimi resto
fermo alla considerazione di François Truffaut: “Non me ne parlate. Criticano
senza tregua… scompigliano tutto, per non trovare se non un miserevole
pensiero; con tutte le loro chiacchiere sul cinema, sulla creatività artistica,
e che so io, non sono capaci di creare nulla; se un giorno sembra loro di
mettere al mondo qualche idea, la loro freddezza orribile mostra come essi sono
lontani dal sole…” (Cahiers). Sia la
LFC, ma soprattutto la Zarina della progettazione
culturale lucana, Minardi (è un assioma,
non un fatuo complimento), debbono dare una
nuova impronta, nuova trasparenza, nuovi indirizzi seri ad aspiranti che non
conoscano soltanto le piaghe ma anche le pieghe della regione senza essere autoreferenziali.
Il Quotidiano del Sud, 11 sett. 2016
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