domenica 11 settembre 2016

QUALE LUCANIA FILM COMMISSION




                                                               



Vorrei presentare domanda alla LFC  (Lucania Film Commission) per avere un contributo. L’idea di un documentario preme nella mia testa.  Mi dicono che occorre partecipare al bando. Ok, e siccome sono per il rispetto delle regole, aspetto;  intanto mi predispongo spiritualmente a far valutare il  soggetto dall’ apposita commissione composta da persone in parte competenti. Per essere in tempo vorrei iniziare a scrivere il soggetto. Quale? Me ne frullano diversi.
Per mia fortuna  fanno tutti riferimento al territorio per promuoverlo, illustrarlo, esaltarlo secondo il principio base della politica “pervasiva” della LFC. E’ giusto che anche il cinema, così come le 82 sagre (tante ne ho contate quest’anno), i voli angelici, i grandi attrattori dal profilo greco o dalla cupezza brigantesca, agisca in sinergia a maggior gloria della regione.  Cercherei di non fare un documentario road movie “confusionario e piacevole allo stesso tempo” e un po’ noioso (Positif) come Basilicata coast to coast.  Anche se lo pensassi non mi darebbero quella barca di soldi varata per lui.
Scaccio in malo modo i soggetti su emigrazione e brigantaggio. Basta, non se ne può più. Come non se ne può più  vedere in giro giovani filmmakers lucani  insistere a raccontare la Basilicata secondo gli schemi (spesso fasulli) di De Martino. E poi ci sono quegli altri che girano piccoli “documentari di viaggio” (non si pensi a qualcosa di simile alla letteratura di viaggio, sarebbe nobilitante): mostrano  castelli restaurati, magari abitato da qualche spiritello di un amante infelice  o di signore un feudatario. E’ invenzione artistica. Ma si, serve ad “attrarre” in Basilicata. Be’, e se un turista ‘attratto’  viene e trova i castelli vuoti può sempre consolarsi con una sfilata medievale d’importazione.
E’ bello incontrare durante le proiezioni, sempre a cura della LFC, i giovani filmmaker: risiedono  fuori regione e come tutti gli “emigrati” si sentono in dovere di guardare usi e costumi della terra da loro abbandonata con una certa supponenza intellettuale, pardon, artistica. Di solito conoscono i “fatti” della Basilicata e non la sua “storia”, perché ritenuta povera quando  invece essa è ricca di personalità,  manufatti, fatti e misfatti storici da filmare. A proposito di misfatti, ecco un’idea che potrebbe funzionare: l’ammazzamento della poetessa Isabella Morra. E’ stata sgozzata dai fratelli perché se la intendeva con un uomo non gradito a loro. Femminicidio puro! Rifletto prima di scrivere: lei si leccava le piaghe della sua solitudine componendo versi (e questo non è di resa cinematografica): i fratelli manigoldi  non si sono flagellati, non hanno avuto Erinni di notte a succhiar loro le anime, ma hanno continuano a spassarsela pur se con qualche problema di giustizia (uno di loro è diventato  perfino amante della regina di Francia. Illuminazione! Potrebbe venir fuori un documentario sulla buona mascolinità lucana d’esportazione). Mi frena una considerazione di fondo: il fattaccio è avvenuto in una zona della regione  che non rientra nei piani di  promozione dell’A.P.T.- Lascio perdere, me lo boccerebbero.
Avevo pensato ad un “The butcher of Venusia” (Il macellaio di Venosa, per il volgo, ma in inglese fa chik). Di Gesualdo conosco storia e  musica. Lui “doveva” uccidere la moglie infedele perché tutta Napoli murmuriava assai assai sulle sue corna (e lui era pur sempre un Pari di Spagna e quindi degno di onore, da ricevere e da confermare). Dopo il fattaccio, serenamente si risposa con un’altra nobildonna, che,  annoiandosi con lui, il tipo era pure noiosetto, se ne torna alla Corte Estense del padre. Il vicerè non lo manda in galera (i potenti, ieri come oggi, non finiscono in gattabuia), gli consiglia di vivere nel suo feudo di Gesualdo (oggi in quel di Avellino) e qui continua a comporre le sue belle musiche tecnicamente sempre più ardite e ricche di forme espressive. Ma soprattutto compone NON per sublimare la sua colpa, mai sentita, ma per il piacere della creazione artistica. Le sue musiche sacre sono delle meditazioni sul proprio dolore per la morte dei figli e per la condizione umana (egli è pur sempre figlio della Controriforma). Così ideato “non” uscirebbe un documentario accattivante. Ok, faccio  un maquillage: Gesualdo ammazza la moglie (sangue), si flagella per la colpa (sangue) e la sublima componendo musica da far cantare a donne belle (che importa che la Chiesa proibiva loro di cantare in pubblico!). Lo ammetto,  non è filologico, ma una buona materia di spettacolo pur se “fuorviante” su  Gesualdo. E che fa? Potrebbe funzionare con la LFC.,  che sicuramente lo finanzierebbe e distribuirebbe per l’ orbe. E’ promozione un po’ sanguinolente, fuorviante  quanto si vuole, ma pur sempre promozione perché rinvia al territorio (accennato soltanto nel titolo di testa).
  Dio mio! ho l’impressione che mi stia sfuggendo il senno a ipotizzare un documentario  del genere. Qui al giornale in redazione mi dicono che a questo già ci ha pensato un “visual artist” (non un regista) e ha dato per titolo “The prince of Venusia”. Mi premuro di vederlo e mi accorgo che non lo sostiene una sceneggiatura solida, non ha  valori cromatici precisi, ma splash+splash (e a dire che la pittura del Cinquecento è grandiosa), che sono spudorate e spurie le ‘voci della colpa’ in nero (figurativamente accostabili al Machbeth di Wells),  che ricompaiono alla fine in variopinte vesti di cantatrici gesualdiane. Finita la proiezione dovrei dire che è un capolavoro, secondo il pensiero unico potentino? Per dirlo dovrei essere un conformista e soprattutto non dovrei conoscere  Gesualdo e un pochino il mestiere del cinema. Per amore della mia Basilicata potrei mai realizzare un documentario tanto forviante? Che certamente non esalta l’immagine della regione?
Ho visionato altri prodotti visivi  sul compositore fatti da persone di professionalità certa, senza finanziamenti regionali. Allora? Fuori di metafora credo che la LFC debba passare dalla fase “pervasiva”, necessaria e utile a far conoscere tout court l’esistenza di questa nostra struttura (e bene ha agito in tal senso il suo direttore),  ad una fase  “formativa”, seria (non secondo i ben noti standard regionali) di quei giovani che aspirano a fare “sul serio” cinema. Attenzione, due volte attenzione: istruire per professionalità distinte e  non per filmmaker. Su questi ultimi resto fermo alla considerazione di François Truffaut: “Non me ne parlate. Criticano senza tregua… scompigliano tutto, per non trovare se non un miserevole pensiero; con tutte le loro chiacchiere sul cinema, sulla creatività artistica, e che so io, non sono capaci di creare nulla; se un giorno sembra loro di mettere al mondo qualche idea, la loro freddezza orribile mostra come essi sono lontani dal sole…” (Cahiers). Sia la LFC,  ma soprattutto la Zarina della progettazione culturale lucana, Minardi  (è un assioma, non  un fatuo complimento), debbono dare una nuova impronta, nuova trasparenza, nuovi indirizzi seri ad aspiranti che non conoscano soltanto le piaghe ma anche le pieghe della regione senza essere  autoreferenziali.

Il Quotidiano del Sud, 11 sett. 2016

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