
Le preoccupazioni non dovrebbero mancare. E non si tratta più soltanto di segnali: la caduta verticale della scuola è un fatto incontrovertibile. Ma prendiamo anche il corso triennale di Scienze della Comunicazione presso la nostra Università. Ha molti studenti bravi ma anche molti pigri e pressappochisti che “pretendono” di studiare i programmi a loro discrezione (non parliamo poi dei biennalisti per la laurea magistrale: sono entrati nell’ordine di idee che la sola iscrizione a tale corso dia loro il “diritto di divino” di avere su libretto pieno di trenta!).
Vediamoli un po’ da vicino questi pigri (intellettualmente). Cosa vedono? Il 94% non guarda nessun telegiornale nazionale. Dei 6 che rimangono, il 5% vede quello de La 7. L’1% guarda soltanto il TG3. Il 3% non segue il TG1 perché ritenuto di parte (cioè dalla parte di Berlusconi). Il TG2 non è neppure nominato. Derisione per il TG4 di Emilio Fede. Il TG Regione lo vede soltanto il 16% . Il giudizio sulla sua qualità è negativo perché ritenuto quietista.
Cosa leggono? Il 91% non legge nessun quotidiano. Il restante 9% è distribuito nella lettura (nell’ordine) di Repubblica, Il Quotidiano. Il Corriere della sera, è letto se comprato in famiglia, così dicasi pure de La Nuova Basilicata e della Gazzetta del Mezzogiorno. Il 23% legge un giornale sportivo
Settimanali: il 6% compra L’Espresso. L’8% altri settimanali specializzati. Nessun acquista un mensile. Il 12% delle studentesse legge una rivista femminile.
I dati sono piuttosto sconsolanti, in generale. Ancora peggio se riferiti a giovani iscritti a un corso di laurea in scienza della comunicazione!
Esami di Antropologia Culturale. Parliamo di MacLuhan (per i lettori che lo avessero dimenticato, MacLuhan è quel sociologo che ha descritto gli effetti prodotti dalla comunicazione sulla società, sull’immaginario collettivo e sui comportamenti dei singoli. Tra i vari suoi libri, il più celebre è “Il Villaggio globale). L’80% degli studenti non lo ha studiato, pur in programma, perché lo ha trovato noioso. Il 16% l’ha studiato a mala pena perché lo ha trovato nebuloso. Il 4% lo ha studiato bene. Amen.
Cambiamo argomento. Parliamo di alcuni “Manifesti” che hanno inciso sul pensiero e sui comportamenti sulla società contemporanea. Risposta n. 1. Ragazza di 23 anni: “Il Manifesto del Partito Comunista”. Silenzio. Chiedo: “Chi lo ha scritto?” Dopo averci pensato un po’, azzarda: “ Max?”. – “Max chi?” - “Max Engels”. Mi urge un chiarimento: “Ma è una sola persona o due?” “No, una, Max è il nome, Engels il cognome”. Mi scappa una breve risata, chiedo scusa e preciso che si tratta di due persone: Marx, con la “r”, si chiamava Carlo e l’altro era Federico”. Mi fa un’osservazione spudorata: “Vabbé’, sempre dalla loro testa è uscito il Manifesto!”
Risposta n. 2. Giovane di 24 anni: “Lo ha scritto sicuramente Max. Non mi risultava che l’avesse scritto a quattro mani”. “Ma Max o Marx?” Conferma: “Max”. Mi permetto un po’ d’ironia: “Come Max Gazzè, Max Biagi, Max Pizzali”. “Esattamente”. Apro il manuale e lo invito a leggere il cognome del famoso Carlo. Lui legge e poi: “So che in francese la “r” è moscia per cui quasi mai si pronuncia”. Mi scappa una seconda breve risata: “Guardi che Carlo Marx era tedesco e in tedesco si legge come sta scritto, di solito”. Amen.
Cambiamo argomento. Domando, e per dare un ‘aiutino’ dico: “Qui in Italia nel 1938 c’ è stato un Manifesto, tristemente famoso”. Risposta n. 1. Ragazza di 23 anni con tono dubbioso: “Il manifesto dei partigiani?” - “E’ una domanda o una affermazione?” Lungo silenzio. Mi verrebbe da ridere ma per stemperare la tensione nella studentessa, suggerisco: “Non è che questo Manifesto della razza ha fatto da supporto e da riferimento alle Leggi razziali?” Risposta perplessa: “Può darsi”. “E che cosa sono le Leggi razziali?” “Sono leggi emanate contro i cristiani, gli ebrei e i negri per mandarli nei campi di sterminio”. Amen.
Risposta n. 2. Ragazzo di 21 anni: “Le leggi razziali sono state emanate da Mussolini e Hitler insieme”. “Ah, e perché insieme?” Silenzio di meditazione, quindi: “Per mandare gli ebrei, i negri e gli intellettuali a lavorare o morire nei campi di concentramento”. Chiedo incuriosito: “Le risulta che in Italia ci fossero tali campi?” Silenzio perplesso, poi con tono liberatorio: “Beh, si, anche in Basilicata c’erano i campi di concentramento, hanno mandato pure Carlo Levi!” Amen.
Vogliamo riportare le risposte date sul significato di etnia? O di globalizzazione? Cioè di una realtà che ci circonda e che ci vede vittime e protagonisti? Che dire dei silenzi e delle risposte surreali date sul relativismo culturale?
Per carità, ci sono anche studenti coscienti e bravi! Non generalizzo. Ma i non pochi pressappochisti, una volta laureati, domani saranno considerati i “cervelli” in fuga dalla Basilicata accompagnati dal pianto retorico di “vittime”, oppure resteranno a fare i trentenni creativi ed incompresi. Al di la di qualsiasi commento, ipotesi, condanna ecc. (che a me non spetta fare), credo che valga la considerazione di uno studente, quasi a mo’ di sberleffo: “Professò’, voi vi arrabbiate a queste risposte. Noi veniamo qua per prendere il pezzo di carta e poi con una raccomandazione si vedrà!” Cinismo o coscienza della realtà politica lucana? Le preoccupazioni sono legittime.
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