
I QUADRI PALSTICI AD AVIGLIANO - EDIZIONE 1.8.2010
I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. ….. Dopo tre giorni lo trovarono nel Tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e… cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Luca, 2, 41-52).
Tralasciando considerazioni di carattere religioso, puntiamo su quattro argomenti interessanti profilati dal testo.
Famiglia - Giuseppe e Maria “si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua”. Andare in quella città significava riconfermare la propria devozione a Dio, rinnovare il giuramento di fedeltà reciproca tra sposi. Questi due cardini – fede e fedeltà – qualificavano il rapporto coniugale. I due vivevano l’esperienza di pregare “insieme”, cioè di vivere “insieme” gli stessi problemi ed “insieme” risolverli con l’aiuto della riflessione e del ragionamento. .
E oggi?...Non è una domanda retorica. Riflettiamo.
Responsabilità dei giovani – Il ragazzo Gesù viene portato a Gerusalemme per diventare “bar-mizvah” (=figlio del precetto). Questo rito segnava il passaggio dall’ infanzia alla maggiore età, la quale rendeva il ragazzo responsabile di osservare i 613 precetti (=mizvoth) dati da Dio a Israele.
Il passo ci rivela che gli ebrei non vogliono che i “bambini” osservino i comandamenti, ma lo chiedono agli adulti. La fede è dunque una cosa per adulti. E’ cioè consapevolezza! Il giovane va dunque responsabilizzato. A lui vanno insegnate le regole utili a vivere con i propri simili non soltanto in armonia ma anche in sinergia e solidarietà.
Vi sono parole che oggi non godono popolarità nel rapporto genitore-figlio: civismo – coraggio – curiosità culturale – educazione - fedeltà – impegno - lealtà – onestà – pazienza – pudore – tolleranza. Per dirne alcune, che non sono però soltanto parole ma regole. Riflettiamo!
Abbandono dei ragazzi – E’ scritto: “trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero”. Il dato di fatto è che il ragazzo sfugge al controllo dei genitori.
Succede anche oggi e in modo sempre più clamoroso. Ma i genitori invece di “mettersi in moto per cercarlo”e trovarlo sul piano dell’intelligenza, dell’educazione, dello spirito e quindi parlargli, dialogare con lui, lo fanno andare da solo sulle vie di internet. Lo lasciano nutrirsi delle illusioni televisive. Gli perdonano lo scarso rendimento scolastico. Lo finanziano per il consumo di oggetti. Si rassegnano a tutto quanto di anomalo egli fa. Lo coccolano fino a giovinezza avanzata.
Molti si sono dimenticati che si è genitori non soltanto sul piano biologico. Si è tali quando si aiuta il figlio a crescere, a diventare responsabile, a diventare uomo. E questo significa aiutarlo a “crescere in sapienza” davanti agli uomini, e se credenti, davanti a Dio.
Sono queste considerazioni retoriche e qualunquiste? Riflettiamo.
Angoscia dei genitori – E’ scritto “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Certo, i figli possono creare angoscia nei genitori: succede quando questi ultimi scoprono di essere inadeguati a dare loro ciò che si aspettano. Angoscia che può derivare dunque dalla consapevolezza di non essere idonei al loro compito. Di essere fermi sulle proprie posizioni che li rendono “chiusi” a quelle che sono le attese “nuove” dei figli. Molti si arrendono, nascondono la propria angoscia e si accontentano di diventare “genitori-bancomat” dei figli.
E’ anche vero però che i figli debbono sopportare il peso di apprendere, di studiare, di approfondire. Il peso di imparare a riflettere. Il peso della crescita.
C’è un proverbio cinese che dice: “i genitori danno ai loro figli due cose: le radici e le ali. Le ali sono tanto più forti e robuste quanto più le radici sono profonde”. Cioè: più il terreno in cui li facciamo crescere è fecondo, è ricco, tanto più essi diventeranno uomini.
Ed in più aggiungo: i nostri figli giudicheranno, sempre, il terreno che abbiamo messo a loro disposizione.
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