
Alle elementari la maestra faceva credere a noi bambini che il fiume Basento sgorgasse dalle dita degli dèi. Lei parlava così per farci innamorare della nostra regione. Cresciuto, compresi che il Basento non era un fiume ma un fiumiciattolo e che non era mai stato navigabile. Non per questo venne meno l’ amore per la mia terra.
Poi al liceo, il professore gesuita ci insegnò che le linee rette esistono soltanto nella nostra immaginazione, o sulle pagine su cui rendiamo visibili il frutto di essa. “Nella vita – egli poi ci diceva – le cose sono circolari e tornano al punto da dove sono partite e si intersecano con tutto quanto entrano in contatto”. In tale chiave ci spiegava la storia facendo molta attenzione, però, a mettere in evidenza l’origine e il significato di ogni movimento circolare. “Negli uomini esso non nasce mai a caso”, concludeva mettendoci questa terribile pulce nell’orecchio.
Una persona legge la “Relazione programmatica del Presidente della Giunta regionale”, De Filippo, e, al termine, pensa che in essa non ci sia un amore per la Basilicata. Di certo non è sgorgata dalle dita degli dèi ma di uno sceicco democraticamente eletto con voti predeterminati.
Sicuramente tale Relazione, come il Basento, non è “navigabile”, nel senso che non lascia transitare verso l’interno e verso l’esterno idee innovative capaci di rendere dinamica la realtà regionale. Semmai compie l’abituale movimento circolare delle buone intenzioni e si interseca con la retorica dei paragrafi che la compongono: “una regione senza confini” su cui tracciare delle rette parallele, quali: “verso la società della conoscenza”, “migliorare il clima per gli imprenditori”, “una nuova qualità del welfare regionale”, “la qualità territoriale e la sostenibilità ambientale”, “una nuova qualità della produzione”.
Come le rette parallele, queste intenzionii per ora sono visibili sulla carta, frutto di una politica creativa. Ha ragione Jean Paul Sartre nel dire: “Un nostro scritto ci rivela ciò che abbiamo dentro” (Autobiografia).
Per motivi professionali mi sono soffermato sui paragrafi riguardanti i giovani e la cultura che rappresentano “un investimento per il futuro”. Bene l’enunciato: bisogna “invertire la tendenza all’esodo delle migliori intelligenze”. Come realizzarla? Ecco alcuni punti: a) con un programma basato su borse di studio finalizzata al raggiungimento di brevetti di produzioni vendibili (!); b) con finanziamenti di progetti di specializzazioni raccordati allo sviluppo tecnologico delle imprese (!!); c) con la selezione dei migliori giovani da impiegare nel sistema pubblico (!!!); d) col far rientrare i giovani cervelli lucani attirandoli nelle aziende lucane (!!!!); e) creando un progetto-pilota che consenta ai giovani di avviare una iniziativa imprenditoriale in settori di elevato valore aggiunto ed alta crescita sui mercati internazionali (!!!!!). Che belle rette parallele.
Vi è poi una dichiarazione perentoria: “intendiamo dar vita ad una “Fabbrica di progetti”, con cui mobilitare l’iniziativa e la creatività dei giovani, dando vita alla possibilità di sperimentare le proprie idee nella propria comunità, attraverso iniziative nel campo culturale, ambientale, sociale” ma dando la priorità a quei progetti che promuovano il dialogo interculturale e multietnico”. Per esperienza personale debbo dire che finora i miei corsi che hanno trattato il dialogo interculturale e soprattutto il pregiudizio sulle etnie sono stati i meno graditi e i più mal studiati dagli studenti lucani. Non pretendo che ciò faccia testo, ma non è da trascurare tale spia rossa.
Passiamo alla cultura. E‘ noto a tutti – e ha fatto mugugnare anche molti amministratori dell’area PD - che il cosiddetto “patto coi giovani” è stato in gran parte un fallimento (salvo qualche lodevole eccezione). Viene ora riproposto: viva lo sperpero del danaro pubblico. Autoreferenziale e culturalmente superficiale è stato poi il progetto “Sensi contemporanei”. Le intenzioni saranno state buone. Il progetto suggestivo, sulla carta però. E ora lo si ripropone: viva lo sperpero del danaro pubblico. Nella Relazione tale progetto viene addirittura preso a modello di riferimento per il costituendo “Distretto culturale multimediale” (sedi Potenza, ex Centrale del latte + Matera, ex Convento di S. Lucia). Intento mobilissimo se si legge la frase conclusiva del relativo paragrafo: “riuscirà a fornire risposte soprattutto alla domanda di occupazione proveniente dalle fasce deboli e giovanili”. Non sarà fatto qualcosa di simile al Mediafor, nato con intenti nobilissimi tanto tempo fa e da anni impietosamente esposto nel suo scheletro all’inizio della fondovalle di Potenza?
Una prima conclusione mi porta a pensare ad una frase di Spinosa, tanto caro a De Filippo: “Gli uomini sono soliti formare idee universali tanto delle cose naturali, quanto di quelle artificiali, idee che considerano come modelli, ai quali credono che la natura guardi e si proponga anch'essa come modello. Quando, dunque, vedono che accade qualcosa in natura che non concorda con il modello che hanno concepito di tale cosa, credono allora che la natura abbia fallito, o peccato, e abbia lasciato quella cosa imperfetta”. Frase paradigmatica per giustificare i fallimenti.
(continua)
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