domenica 30 agosto 2009

LA DIGNITA' ANTICA


La solitudine dei paesi. Lo stato di abbandono. La sporcizia. E “i” contadini, uomini-silenzio, tali per l’ignoranza e soggezione in cui sono tenuti. E “i” signori, tali per titoli, talamo e arroganza. E “i” preti, tali per amministrare intercessioni presso madonne e santi, molto consolatori e poco generosi. E “i” boschi, ieri belli oggi depredati. E “i” siti archeologici dalle sottili linee di memoria soffocate dal degrado. La Basilicata continua a fornire ancora tale visione agli ultimi uomini del Grand Tour.
Passa di qui George Gissing, scrittore inglese. Viene nel Sud nel 1887 e ’97 e scrive pagine non entusiasmanti sulla costa ionica lucana. C’è lo stato di abbandono di Metaponto. Non sopporta le bugie di chi gli fa da guida che gli vuol far credere fischi per fiaschi. Lascia in fretta il luogo anche per l’ inurbanità dei suoi abitanti. Porta con se il dispiacere per la dolorosa solitudine dei paesini visitati nei quali c’è “l’abbandono della speranza e della memoria affabulata”.
Passa di qui Norman Douglas, scozzese, scrittore, gaudente a Capri. Lo fa due volte: nel 1907 e nell’11. Tocca Venosa, Banzi, Policoro e il Pollino. Già ha letto le riflessioni di Lenormant, prendendole qua e là in giro, e quelle di Gissing, Egli è mosso da un mix di interessi: per il paesaggio naturale e gli interventi scellerati degli uomini; per gli abitanti e il passato archeologico.
A Venosa riflette sui cambiamenti urbanistici avvenuti dai tempi di Orazio in poi. S’ indigna per lo stato di abbandono dei reperti e per l’ indifferenza delle autorità. Cita con ironia “la Casa di Orazio, autentica come può essere quella di Giulietta a Verona.” E nella città che vede, nota “la sporcizia tranquilla, non volgare e caotica, che attesta una trasandatezza atavica, il disprezzo feudale della pulizia.” Dà, ed è il primo a farlo, anche una descrizione delle catacombe ebraiche scoperte nel 1883, osservando giustamente che “in genere ci si scorda che in Italia meridionale c’è stato per secoli un brulichio di ebrei.” Si tratta di una deprecabile rimozione di matrice cattolica!
Non ha parole tenere per l’avvenuto disboscamento forsennato del Melfese e dell’area di Policoro. Ne focalizza la causa: “a quando pare l’Italia è afflitta da una lodevole mania di sfruttare le risorse naturali a spese della comunità.” Le pagine dedicate a “La giungla di Policoro”, nella loro bellezza descrittiva contengono anche la spiegazione del diffuso sistema di corruzione circa lo sfruttamento di tale foresta. E in proposito non risparmia “i giornalisti e i politicanti irresponsabili che scorticano l’ignoranza della gente debole per riempire le proprie tasche.”
Seguendo l’itinerario Lagonegro, Latronico, San Severino Lucano, Rotonda, arriva sul Pollino, presso il Santuario della Madonna. Sta per svolgersi la festa annuale. La descrizione che ne dà rimane ancora oggi una delle pagine insuperate. In esse la natura è “dipinta” con delicatezza dalla maestria della sua penna. I contadini non sono descritti - finalmente! – come antichi discendenti dei greci. Il rapporto Madonna-cafone lucano è visto in una dimensione poetico-religiosa.
Certo, la statua della Vergine è brutta, ma è pur sempre un grande simbolo di aggregazione e di identità sociale! I preti che lo ospitano sono colti, intelligenti e spiritosi. Uno di loro conviene con lui che, in fondo, “Orazio è un tipico italiano di campagna” che ha fatto fortuna a Roma. Parlano poi di apparizioni mariane e della loro fondatezza “soltanto” sulla tradizione: ma “est traditio, ne quaeras amplius” (=è la tradizione, non chiedere di più).
Racconta anche, con garbo, le “feste notturne”, occasione d’incontro di giovani coppie contadine innamorate “che tutto l’anno aspettano questa notte per aver modo di stringersi finalmente in un fervido abbraccio, sotto i faggi benevoli. Si scatenano sotto l’occhio maternamente indulgente della Madonna, santificate dall’antichità e dai cieli stellati. Né grida, né litigi, né ubriachi barcollanti; regna ovunque uno spirito di buona volontà universale.” Ci sono molte bancarelle cariche di ogni ben di Dio, compresi “orologi d’oro, spille e anelli, molti dei quali saranno acquistati, domattina, in ricordo dei teneri incontri della notte.”
Dedica una riflessione sugli albanesi di Basilicata, presenti alla festa con la vivacità dei loro costumi e li paragona agli irlandesi Visitando l’ultimo paese lucano, Terranova del Pollino, rimane sorpreso dal tipo di porte d’ingresso divise non in senso verticale ma orizzontale: la parte di sopra utile a far entrare l’aria nella stanza, quella di sotto a non far entrare in casa i maiali dalla strada. E’ un “paesetto sporco” , desolato perché “gli uomini sono in America; e le donne anziane quasi tutte afflitte dal gozzo.”
Pur avendo rilevato la miseria economica, sociale e culturale dei contadini lucani, egli rimane colpito da un loro aspetto: “ è un sollievo trovarsi in compagnia di questa gente piena di serietà e di dignità.”
5 - Continua

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