I miei piedi calpestano lo spiazzale ampio ampissimo posto davanti al palazzo che pare di neve. Il Palazzo del Consiglio Regionale. Guardo in su per misurarne mentalmente l’altezza: non è di 146 metri come la piramide di Cheope! Le sue dimensioni me lo hanno fatto associare ad una delle sette meraviglie del mondo antico. L’associazione è davvero impropria perché questo edificio non può essere certo definito una delle sette meraviglie della Basilicata! Forse l’unica comunanza possibile è che, come la piramide, è stato elevato da una qualche dinastia di costruttori locali su commissione di qualche dinastia politica. Si sa che senza dinastie non si costruiscono monumenti faraonici a gloria imperitura!
Mi lascio inghiottire dalla grande porta a vetri. Dietro il banco-reception siedono due vigilantes-Caronte con le divise coperte di noia: un anziano e un giovane dagli occhi acquosi. Mi viene incontro declamando: “Guardo il cielo, guardo la terra, il mio cuore è più forte di quello del leone; annunzio una tempesta prima che venga, una burrasca prima che accada.” Mi ricordo e sorrido: è un versetto del “Racconto del naufrago”, un libricino esoterico della XII dinastia egizia (1990-1780 a.C.) da me tradotto nel 1969 per una casa editrice. Lui lo ha trovato su una bancarella a Napoli. E continua dicendo di aver scoperto la magia, gli incantesimi e le maledizioni. Conclude citando di nuovo: “Ora sono nell’isola del Verdissimo … Presto vi farò sapere”. Gli chiedo con ironia se lascia andare anche me su quell’isola. Con malizia mi sussurra che essa è al quarto piano e mi traghetta verso l’ascensore. Salendo penso all’antico nome del Mar Rosso, il Verdissimo appunto con la sua isola incantata, il quale si è visto cambiare il nome dai decadenti faraoni della XVII dinastia (525-404 a. C).
Approdo in corridoi ampi ampissimi caldissimi illuminati, artificialmente!. Mi passa accanto un’impiegata ape-regina vistosa in elegante abito color pistacchio (colore caro ad Iside, dea della fertilità). Mi fermo ad ammirare la raffinata lastra ‘rosso di Verona’ (marmo apuano risalente al Lias inferiore, 195 milioni di anni fa!) posta accanto all’ingresso della Segreteria del Presidente. Caratteri dorati in rilievo assicurano: “Io sono uno la cui bocca è pura, le cui mani sono pure, sono uno al quale si dice: “Benvenuto in pace”, da parte di chi lo vede. Io sono uno stimato da Dio, che conosce ciò che un uomo ha nel cuore”. Mi compiaccio dei versetti anch’esso preso dal libro del naufrago. Non capisco però se qui essi si riferiscono al questuante o a chi sta nella luminosa e remota cella della presidenza. Certamente chi siede in essa deve sentirsi simile al sette, numero magico di eccellenza che misura il tempo della storia [anche regionale], che è pure da tramite tra il noto e l’ignoto, che è numero delle intuizioni di magia [politica]. Mi compiacerò di ammirarlo nel suo abito sartoriale, sempre elegante come faraone.
Nella Segreteria-gineceo, calda come caldo ventre materno, una gentile voce anserina (tralascio il significato) mi comunica che il Presidente è trattenuto altrove per impegni istituzionali. Ringrazio. Ne approfitterò per salutare alcuni politici conoscenti distribuiti nei piani inferiori (dal punto di vista architettonico).
I miei piedi scendono giù per le scale. Incrociano un Consigliere: ha il profumo di una pagnotta calda uscita dal forno. E’ della minoranza. E’ della specie dei pappatàci (=individuo che bada unicamente al proprio tornaconto e sopporta in silenzio qualsiasi situazione o compromesso). Stretta di mano e via al terzo piano. Mi accoglie l’abbraccio di corridoi ampi ampissimi caldissimi illuminati, artificialmente!.Svolto a sinistra. I miei piedi vanno al Gruppo Politico …. Chiedo di …: Terza porta di centro. Accanto alla quale c’è la targhetta “Sig…., Consigliere Acciarpone” (=chi lavora senza ordine e senza garbo). Non c’è: sarà fuori a contrattare qualcosa.
I miei piedi vanno alla porta il cui numero significa supremazia, lotte per il successo: la sesta porta. Ha la targhetta: “Sig….Consigliere Pavone” (=persona un po’ fatua che si compiace eccessivamente di sé; scansafatiche e con sciarpa di un solo colore) Non c’è: sarà fuori a mostrare la sua ruota-pavona di sottogoverno.
I miei piedi vanno alla nona porta: “ Sig……Consigliere Concionatòre” (=chi ama fare in pubblico lunghi discorsi declamatori, pieni di retorica). Non c’è. Meno male: sono 32 anni che lo ascoltiamo. D’altronde il numero 9 è il simbolo cabalistico della reincarnazione! E lui si è reincarnato più volte [politicamente] mantenendo però sempre la stessa pelle [democristiana].
Le mie mani bussano alla stanza 39 (toh, il numero degli zingari, del pastore e dei nomadi). Il giovane Consigliere è in sede. Mi accogliere con rumore nel suo ampissimo caldissimo accecante studio. Veste fighetto perché è convinto che l’abito fa il monaco. Imita in ciò il suo capo nazionale, però lui qui è rimasto pivèllo (dal latino pipa=fischietto, etimo di piva= piffero e sta ad indicare un giovane che appare presuntuoso e fa mostra di sapersi destreggiare). Senza bussare spalanca la porta un suo collega, accenna ad un punto da far inserire nell’ordine del giorno, allude ad un altro collega dell’opposizione che vorrebbe infilarsi un paio di guanti profumati di petrolio, ma che quei guanti spettano a lui! Va via e il fighetto commenta: “Non farci caso, è un antropopiteco!” (=individuo che ha aspetto e modi più scimmieschi che umani). Mi congedo e le mie mani bussano alla porta numero quattro: è chiusa. Già, dimenticavo che il Consigliere è in altra sede a fare l’Assessore, giustamente perché questo numero indica la rinascita [politica] che trasforma la vecchiaia in fanciullezza, che anima il fuoco di passione [per il potere].
I piedi scendono al secondo piano, svoltano a destra, si arrestano al n. 13. E’ nota la storia di questo barbutello Consigliere Commediante (dal greco ‘kòmos+oidé=canto di banchetto, di baldoria, di festa). Accoglie il mio saluto nel suo ampissimo caldissimo accecante studio. Per ridere un po’ gli spiego uno dei significati del n. 13: è il numero dei contenitori misteriosi, dei cassetti segreti, delle casseforti. Già lo sapeva!
Compio l’ultima visita: ad un Consigliere sempre produttivo ma permaloso, soprattutto quando qualche giornale nazionale parla male della Basilicata. Lui ama questa terra ma i suoi colleghi di partito non amano lui. Forse perché “ci azzecca” sempre nelle scelte politiche che fa! Misteri del palazzo.
Basta con le visite. Basta con il calcolare mentalmente il costo di questa piramide con stanze e corridoi ampi ampissimi caldissimi sotto occupazione dei faraoncini illuminati, artificialmente! La mia mente va verso l’uscita. Dal banco-reception gli occhi acquosi m’ interrogano. La mia voce amara risponde: “Nel Mar Rosso Dio fece affogare le truppe del faraone, questi, nuovi déi, hanno affogato tutto e come faraoni sono rimasti salvi sulla riva… Ma tu con la tua magia non riesci a procurare una burrasca?” Mi sorprendo da me: ho le mani giunte!
(continua)
P.S. – Avvertenza: il presente testo fa parte di una esercitazione letteraria (malriuscita).
Mi lascio inghiottire dalla grande porta a vetri. Dietro il banco-reception siedono due vigilantes-Caronte con le divise coperte di noia: un anziano e un giovane dagli occhi acquosi. Mi viene incontro declamando: “Guardo il cielo, guardo la terra, il mio cuore è più forte di quello del leone; annunzio una tempesta prima che venga, una burrasca prima che accada.” Mi ricordo e sorrido: è un versetto del “Racconto del naufrago”, un libricino esoterico della XII dinastia egizia (1990-1780 a.C.) da me tradotto nel 1969 per una casa editrice. Lui lo ha trovato su una bancarella a Napoli. E continua dicendo di aver scoperto la magia, gli incantesimi e le maledizioni. Conclude citando di nuovo: “Ora sono nell’isola del Verdissimo … Presto vi farò sapere”. Gli chiedo con ironia se lascia andare anche me su quell’isola. Con malizia mi sussurra che essa è al quarto piano e mi traghetta verso l’ascensore. Salendo penso all’antico nome del Mar Rosso, il Verdissimo appunto con la sua isola incantata, il quale si è visto cambiare il nome dai decadenti faraoni della XVII dinastia (525-404 a. C).
Approdo in corridoi ampi ampissimi caldissimi illuminati, artificialmente!. Mi passa accanto un’impiegata ape-regina vistosa in elegante abito color pistacchio (colore caro ad Iside, dea della fertilità). Mi fermo ad ammirare la raffinata lastra ‘rosso di Verona’ (marmo apuano risalente al Lias inferiore, 195 milioni di anni fa!) posta accanto all’ingresso della Segreteria del Presidente. Caratteri dorati in rilievo assicurano: “Io sono uno la cui bocca è pura, le cui mani sono pure, sono uno al quale si dice: “Benvenuto in pace”, da parte di chi lo vede. Io sono uno stimato da Dio, che conosce ciò che un uomo ha nel cuore”. Mi compiaccio dei versetti anch’esso preso dal libro del naufrago. Non capisco però se qui essi si riferiscono al questuante o a chi sta nella luminosa e remota cella della presidenza. Certamente chi siede in essa deve sentirsi simile al sette, numero magico di eccellenza che misura il tempo della storia [anche regionale], che è pure da tramite tra il noto e l’ignoto, che è numero delle intuizioni di magia [politica]. Mi compiacerò di ammirarlo nel suo abito sartoriale, sempre elegante come faraone.
Nella Segreteria-gineceo, calda come caldo ventre materno, una gentile voce anserina (tralascio il significato) mi comunica che il Presidente è trattenuto altrove per impegni istituzionali. Ringrazio. Ne approfitterò per salutare alcuni politici conoscenti distribuiti nei piani inferiori (dal punto di vista architettonico).
I miei piedi scendono giù per le scale. Incrociano un Consigliere: ha il profumo di una pagnotta calda uscita dal forno. E’ della minoranza. E’ della specie dei pappatàci (=individuo che bada unicamente al proprio tornaconto e sopporta in silenzio qualsiasi situazione o compromesso). Stretta di mano e via al terzo piano. Mi accoglie l’abbraccio di corridoi ampi ampissimi caldissimi illuminati, artificialmente!.Svolto a sinistra. I miei piedi vanno al Gruppo Politico …. Chiedo di …: Terza porta di centro. Accanto alla quale c’è la targhetta “Sig…., Consigliere Acciarpone” (=chi lavora senza ordine e senza garbo). Non c’è: sarà fuori a contrattare qualcosa.
I miei piedi vanno alla porta il cui numero significa supremazia, lotte per il successo: la sesta porta. Ha la targhetta: “Sig….Consigliere Pavone” (=persona un po’ fatua che si compiace eccessivamente di sé; scansafatiche e con sciarpa di un solo colore) Non c’è: sarà fuori a mostrare la sua ruota-pavona di sottogoverno.
I miei piedi vanno alla nona porta: “ Sig……Consigliere Concionatòre” (=chi ama fare in pubblico lunghi discorsi declamatori, pieni di retorica). Non c’è. Meno male: sono 32 anni che lo ascoltiamo. D’altronde il numero 9 è il simbolo cabalistico della reincarnazione! E lui si è reincarnato più volte [politicamente] mantenendo però sempre la stessa pelle [democristiana].
Le mie mani bussano alla stanza 39 (toh, il numero degli zingari, del pastore e dei nomadi). Il giovane Consigliere è in sede. Mi accogliere con rumore nel suo ampissimo caldissimo accecante studio. Veste fighetto perché è convinto che l’abito fa il monaco. Imita in ciò il suo capo nazionale, però lui qui è rimasto pivèllo (dal latino pipa=fischietto, etimo di piva= piffero e sta ad indicare un giovane che appare presuntuoso e fa mostra di sapersi destreggiare). Senza bussare spalanca la porta un suo collega, accenna ad un punto da far inserire nell’ordine del giorno, allude ad un altro collega dell’opposizione che vorrebbe infilarsi un paio di guanti profumati di petrolio, ma che quei guanti spettano a lui! Va via e il fighetto commenta: “Non farci caso, è un antropopiteco!” (=individuo che ha aspetto e modi più scimmieschi che umani). Mi congedo e le mie mani bussano alla porta numero quattro: è chiusa. Già, dimenticavo che il Consigliere è in altra sede a fare l’Assessore, giustamente perché questo numero indica la rinascita [politica] che trasforma la vecchiaia in fanciullezza, che anima il fuoco di passione [per il potere].
I piedi scendono al secondo piano, svoltano a destra, si arrestano al n. 13. E’ nota la storia di questo barbutello Consigliere Commediante (dal greco ‘kòmos+oidé=canto di banchetto, di baldoria, di festa). Accoglie il mio saluto nel suo ampissimo caldissimo accecante studio. Per ridere un po’ gli spiego uno dei significati del n. 13: è il numero dei contenitori misteriosi, dei cassetti segreti, delle casseforti. Già lo sapeva!
Compio l’ultima visita: ad un Consigliere sempre produttivo ma permaloso, soprattutto quando qualche giornale nazionale parla male della Basilicata. Lui ama questa terra ma i suoi colleghi di partito non amano lui. Forse perché “ci azzecca” sempre nelle scelte politiche che fa! Misteri del palazzo.
Basta con le visite. Basta con il calcolare mentalmente il costo di questa piramide con stanze e corridoi ampi ampissimi caldissimi sotto occupazione dei faraoncini illuminati, artificialmente! La mia mente va verso l’uscita. Dal banco-reception gli occhi acquosi m’ interrogano. La mia voce amara risponde: “Nel Mar Rosso Dio fece affogare le truppe del faraone, questi, nuovi déi, hanno affogato tutto e come faraoni sono rimasti salvi sulla riva… Ma tu con la tua magia non riesci a procurare una burrasca?” Mi sorprendo da me: ho le mani giunte!
(continua)
P.S. – Avvertenza: il presente testo fa parte di una esercitazione letteraria (malriuscita).
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