mercoledì 2 giugno 2021

ANNIVERSARIO

 


VIAGGIAMMO insieme da Roma a Latina. Lo avevo invitato per una intervista da fare davanti ai microfoni della radio locale nata nel fervore delle “radio libere”. Lui era già noto e discusso in Italia per le sue canzoni di rottura. Quel che mi sorprese fu che dopo dieci minuti di colloquio  su alcuni aspetti del nostro Sud ebbi la sensazione di parlare con un fratello con cui confidarsi e non con una celebrità, seduta accanto senza spocchia. Glielo dissi. Lui sorrise e rispose: “E’ così, abbiamo lo stesso sangue disgraziato.”

Notai anche il suo sguardo triste e pure questo gli dissi. Questa volta lui non sorrise, fece un sospiro e mi chiese: “Gira un po’ la testa, fammi vedere come sono i tuoi.” Voleva verificare se anche i miei occhi fossero velati di tristezza. Vide e commentò: “C’è sempre qualche problema che ci affligge…”

Gli dissi delle domande che volevo fargli durante l’intervista. Concordò e chiese, quasi sussurrando, se potevo evitare la domanda sul suo rapporto col  Partito  (Comunista). Certo.

Parlammo di tante altre cose al ritorno. Tutte del nostro Sud e della duplice amarezza che ci tocca assaporare con l’emigrare: amarezza per l’abbandono, amarezza per l’inserimento. E nessuno crede quanto sia drammatica!

La cassetta dell’intervista dopo la sua morte la passai alla RAI. Chissà se ancora la conservano nella nastroteca.

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