venerdì 9 agosto 2019

IL COMPAGNO CHE PALAVA ALLE STELLE


 
ERAVAMO A RIONERO e lui era ragazzo come noi. Diceva di parlare ogni notte con le stelle. Un bel giorno se ne uscì affermando di averlo appena fatto da sveglio. Lo guardammo come si guarda uno scemo. Oddio, in paese già erano in molti a dirlo, noi però non  credevamo che lo fosse. Passavamo ore ed ore insieme: a scuola,  a spernacchiare, a fantasticare, a monellare. Litigavamo perfino con gli altri compagni per non farlo chiamare scemo soltanto perché parlava con le stelle. Ma lui continuava a dire che lo faceva, forse perché gli piaceva sognare e chi sogna è scemo?
Capitava a volte di  vedere insieme un frammento di stella segnare un arco d’argento e allora anche noi  restavamo incantati. Lo guardavamo soltanto. Lui no, Armando, balzava sulla punta dei piedi per vedere meglio dove andava a svanire. Una sera, ed era di agosto, una stella cadente prese la direzione della fiumara, fuori paese. Allora ci disse di voler andare a pescarla con la rete. Tutti a ridere e quella volta anche noi gli dicemmo ‘scemo!’ Il mattino seguente gli chiedemmo se avesse pescato la stella, pronti a deriderlo, ma lui tutto serio: “Ho gettato la rete alla stella caduta ma la stella l'ha bruciata. Credevo che fosse d'argento e invece era di fuoco. L'acqua della fiumara non la spegneva. Si è spenta quando l’ho fissata”, e ci mostrò una piccola rete bruciacchiata. Restammo basiti: faceva lo scemo inventando tutto o era  scemo per davvero? […]
Finimmo per credere che avesse qualcosa in più di noi.  Ad esempio, quando andavamo a caccia di grilli si fermava lungo i sentieri e con una mezza canna tracciava per terra segni a forma di spirale e cominciava a parlare di labirinto e di stelle. Aggiungeva che lassù, in cielo, la vita continua  e la raccontava a modo suo: una vita con fate, angioletti,  draghi e uomini degni di perdono.  “In cielo non c’è nemmeno una strada, puoi camminare dove vuoi e puoi incontrare qualche anima buona, qualche angelo o un diavolo o....forse pure Dio. Può essere, no?” – C’era da credergli per davvero?  Di una cosa eravamo sicuri, però:  man mano che i giorni passavano lui diventava sempre più magro a vista d’occhio. In paese si sussurrava che a casa sua non si accendeva più il fuoco. Nessuno però ne accennava la causa  anche se tutti la sapevano. Quanti di coloro che mormoravano su questo punto erano andati ad assaltare la sua casa il giorno della caduta del fascismo? Avevano sfondato la porta d’ingresso e saccheggiato le stanze piene di ogni ben di dio. Soltanto perché il padre di Armando era stato federale e come tale era stato abbattuto senza che si sapesse mai da chi..
   […] E venne una sera ed era di agosto,  il 10: Armando rimase con gli occhi sbarrati fissi al cielo e la bocca spalancata a un boccone di pane. Non lo ebbe. Non parlò più a noi. E noi fummo sommersi dalle lacrime. Lo infilarono nello striminzito vestitino bianco della prima comunione. Lo chiusero nella bara bianca inchiodata dopo una colletta. Fu benedetto dal prete con uno schizzo di acqua perché non c’erano soldi per il funerale.
Lo accompagnammo al cimitero, abbracciati dal dolore per lui che se n’era andato a parlare con le stelle, per sempre.

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