domenica 7 luglio 2019
IL PRIMO...VIAGGIO
A dieci anni rubare qualche spicciolo in casa per pagarsi il biglietto del treno. Fu naturale. Salire poi nella vettura di terza classe, notare cicche sparse e qualche giornale appallottolato, tastare il sedile di legno e, guardingo, guardare in giro ad individuare qualche faccia conosciuta da cui nascondersi. Doveva essere il mio primo viaggio, tutto solo.
La caffettiera – nome d’affetto della locomotiva – ciuf-ciuffò nerofumo e le ruote cominciarono a rullare a ritmo sulle rotaie. Sibilai un sospiro di liberazione dal timore di essere bloccato. Andavo finalmente. Finalmente dove mi pareva, senza i soliti compagnucci, i soliti giochi, le letture estive, senza niente. Soltanto da solo, con la voglia di stupirmi: vedere cose nuove, vedere facce nuove.
Sorrisi di scherno mi accolsero alla stazione d’arrivo. Ero buffo per cosa? Colsi riflesso in un vetro il mio viso nero nero. Sicuro: per desiderio d’ ebrezza mi era affacciato in galleria e il nerofumo mi aveva dipinto il volto. Lo pulii alla men peggio e me ne andai a guardare con i miei occhi, soltanto coi miei occhi, il paese nuovo col suo castello normanno, la cattedrale e la gente per strada.
(Non narro il ritorno a casa per pietà di me stesso).
Ho ripercosso quella breve tratta in questo giorni. Non alla ricerca del tempo andato. Non ci sono più le “littorine”, non le “caffettiere”. Ed è giusto che sia così. Sono cambiato io, perché non dovrebbero cambiare i treni? In meglio (io e loro)? Questo è un altro discorso.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento